Parole di saluto di Nereo Tiso
25.04.23
Le parole di saluto di Nereo Tiso, figlio del Internato Militare Italiano Silvio Tiso, prigioniero nei campi di Zeithain e Mühlberg. Era ospite del Memoriale di Zeithain durante l'anniversario della liberazione del campo il 23. Aprile 1945.
"Buongiorno!
Ringrazio le autorità presenti e tutti gli amici provenienti da diversi paesi dell’Europa che, come me, hanno voluto essere presenti oggi per ricordare i loro cari.
In questo campo, precisamente allo Stalag Lager IVB, nel settembre del 1943, assieme a molti altri italiani, è arrivato anche mio papà dalla Grecia. Dopo l’8 settembre, tedeschi e italiani divennero nemici e mio papà prigioniero.
Lui è tornato a casa, a Padova, dopo 5 mesi dalla chiusura del campo. Precisamente nel settembre del 1945. Mia sorella era nata 2 anni e mezzo prima. Un percorso difficile, fatto a piedi lungo una Germania distrutta. Lungo la strada, però, trovava ancora persone gentili, contadini come lui, che avevano sofferto e soffrivano, ma che lo aiutavano con qualcosa da mangiare.
La sofferenza patita in questo campo non è riuscita a rompere la sua determinazione e la sua forza che gli hanno permesso di fare ritorno.
Purtroppo molti, anzi, moltissimi, non ce l’hanno fatta e sono sepolti in questo campo di morte e distruzione della persona o riposano nei cimiteri delle loro città.
Perché tanta sofferenza, perché tanto dolore causato dalla ferocia, dall’odio che solo la guerra può creare? Perché qualcuno ha voluto tutto questo conoscendo la gloria dell’inizio della guerra ma non essendo consapevole della disperazione della fine della guerra?
E qualcuno, ancora oggi, pensa che uno strumento di morte come la guerra possa essere la risposta migliore ai problemi. Purtroppo, questo conflitto, creerà ancora sofferenze, odio, rancore che dureranno per anni tra i popoli che oggi si combattono.
Noi siamo qui, in pace. Dopo lunghi anni, possiamo dire secoli, i nostri popoli da quasi 80 anni, vivono in pace e possono ritrovarsi insieme, anche in questi luoghi segnati dalla morte, dandosi la mano.
Possono salutarsi sapendo che il ricordo di questo momento, la memoria che stiamo celebrando, è perché siamo consapevoli che il passato non debba più ritornare.
Noi figli o nipoti di chi si è combattuto e ucciso, ha l’obbligo morale di perseverare nel tempo della riconciliazione, della pace e della speranza. Non possiamo permettere che questo accada ancora e che coinvolga i nostri figli o i nostri nipoti.
Mio papà, in 60 anni di vita, ha raccontato poco, molto poco della sua sofferenza vissuta in questo lager assieme ai suoi compagni. Gli mancavano le forze per farlo e forse, pensava che la sofferenza non si dovesse raccontare. Ma so, che moltissimi che sono ritornati alle loro case, anche delle altre nazioni, hanno fatto lo stesso. Ma ora sappiamo cosa è successo.
Grandi uomini fanno la pace, piccoli uomini vogliono la guerra.
Ringrazio infine chi con tenacia e passione continua a voler recuperare la storia di questo luogo perché non debba mai più succedere ciò che è successo."
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Milan Spindler (Referent für Öffentlichkeitsarbeit und Pädagogik)
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